La montagna in gravidanza

La montagna in gravidanza non è per tutte

Cosa si può fare in gravidanza? Si può consigliare di andare in alta quota alle donne incinte? In generale la gravidanza non è una malattia. Medici di tutta Italia consigliano sempre alle loro pazienti di vivere la loro quotidianità e di non stravolgere completamente la propria vita durante i nove mesi di attesa. Una donna incinta può fare tutto quello che faceva prima di esserlo. L’importante è usare qualche piccola attenzione in più ed evitare, magari, qualche rischio.

Non è pensabile scalare una montagna in gravidanza, ma le future mamme possono concedersi una rilassante vacanza in mezzo ai boschi, tra laghi ghiacciati, animaletti selvatici e paesaggi mozzafiato. Camminare all’aria aperta, infatti, fa sempre bene. Una donna incinta oltretutto non deve mai e poi mai chiudersi in casa e rimanere ferma e immobile a letto. Sono gli stessi medici a consigliare una moderata attività fisica per prevenire alcune complicanze metaboliche come ad esempio il diabete gestazionale.

Sì, dunque, alla montagna in gravidanza. Non ci potrebbe essere posto migliore per passare qualche giorno in pace e respirare aria pulita a contatto con la natura. Ci sono però alcuni accorgimenti che le donne incinta devono adottare oltre ad alcune cose da evitare. A richiedere maggiormente attenzione è il discorso riguardante l’altitudine in gravidanza. Fino a che altezza può spingersi una donna incinta? Quali accorgimenti vanno adottati per ripararsi dal sole e dai malesseri che colpiscono tutti gli appassionati della montagna?

Altitudine in gravidanza: il mal di montagna

Ampi studi e ricerche hanno accertato come la maggior parte degli individui possano salire fino a 1500-2000 metri di altezza in un giorno senza avere problemi. Il 20% delle persone che si spingono fino ai 2.500 metri e il 40% di quelli che arrivano ai 3.000 metri di altezza rischiano di sviluppare, con grande facilità, il mal di montagna acuto. Di cosa si tratta? I medici parlano di una vera e propria malattia da altitudine provocata da una ridotta disponibilità di ossigeno a causa delle alte quote. Nella sua forma più lieve i sintomi riguardano la presenza di una cefalea e una o più manifestazioni sistemiche. Si arriva a parlare però anche di edema cerebrale ed edema polmonare d’alta quota che causa dispnea e ipossiemia.

Come si cura? Il mal di montagna, nella sua forma più lieve, si cura grazie all’utilizzo di analgesici e acetazolamide. Nelle forme più gravi il paziente deve essere trasportato a quote minori con l’utilizzo di ossigeno. Ogni caso richiede cure specifiche attraverso l’utilizzo di farmaci che devono tener conto anche delle patologie del paziente.

Risulta dunque chiaro come per una donna in gravidanza le cose si complicano. Il rischio di avvertire cefalea, nausea e vomito è uguale a quello che corrono tutti gli altri individui. I problemi arrivano però per le cure. Le donne incinte non possono assumere farmaci in grado di favorire l’acclimatamento. L’acetazolamide, uno dei farmaci maggiormente utilizzati, è oltretutto sconsigliato sia nel primo trimestre, sia nelle fasi tardive della gravidanza. L’assunzione potrebbe causare, a seconda del mese di gestazione, gravi malformazioni nel feto. Anche i vari antinfiammatori, invece, per curare le varie cefalee da altitudine, vengono sconsigliati alle donne in gravidanza per la possibile prematura chiusura del Dotto di Botallo. Sarebbe possibile optare per farmaci a base di cortisone? No. Perfino questi medicinali andrebbero a incrementare il rischio di malformazioni fetali e a incidere sullo stato metabolico.

Si SCONSIGLIA, pertanto, alle donne in gravidanza, una altitudine elevata. Meglio non superare i 2.000 – 2.500 metri di altezza per non mettere a rischio la propria vita e quella del bambino che si porta in grembo.

Gravidanza e altitudine: le problematiche specifiche e gli studi medici

Oltre al mal acuto di montagna, in gravidanza l’altitudine rischia di incrementare i rischi che già corrono tutte le donne incinte. I disagi maggiori derivano dalla riduzione dell’ossigeno. Ci sono numerose ricerche scientifiche, ancora in atto, pronte a studiare la correlazione fra l’esposizione ad alta quota nel primo trimestre e il tasso di malformazioni nei feti. Uno studio pubblicato su diverse riviste mediche nel 2018 è andato ad analizzare, ad esempio, l’incidenza della mancanza di ossigeno sulle malformazioni cardiache.

Nel 2019 è stato pubblicato sul rinomato International Journal of Cardiology uno studio riguardante, invece, lo stress sul cuore del feto causato dall’altitudine. Una donna, nei primi mesi di gravidanza, recandosi ad altitudini elevate in montagna, potrebbe mettere dunque a grosso rischio il cuore del proprio bambino aumentando la possibilità di ictus.

Negli ultimi anni sono stati oggetti di studio le popolazioni che vivono oltre i 25.000 metri di altezza. La comunità medica sta cercando di capire come l’altitudine incida sulla gravidanza e quali controindicazioni possono esserci. Proprio con questo intento e in quest’ambito è nata la pubblicazione sul famoso Journal of Applied Physiology della ricerca redatta da un gruppo di scienziati e medici gruppo canadesi con a capo il dott Minma T.Sherpa del Kunde Hospital nella valle del Khumbu. Il team ha seguito la gravidanza di una atleta di endurance ma anche guida della valle del Kumbu di etnia Sherpa. La donna, alla trentunesima settimana di gravidanza ha partecipato come guida a un trekking dai 3.440 metri di Namche Bazar ai 5.300 metri del Campo Base dell’Everest per la durata di 11 giorni. A quanto si è appreso dall’analisi dei dati raccolti l’atleta ha presentato una normale riduzione della pressione parziale di ossigeno e alcuni disturbi del sonno. Nessuno problema per la gravidanza. La bambina è nata al termine delle quarantadue settimane e ha presentato un peso pari a 3200 grammi. A dieci mesi dal parto sono stati ripetuti tutti i test sulla neo mamma e si sono ottenuti dati sovrapponibili a quelli già raccolti in precedenza.

Consigli utili per donne incinte

Ricapitolando una donna in gravidanza, che è solita vivere a basse quote, non dovrebbe superare i 2500 metri di altitudine. Questo per non mettere a repentaglio la propria salute e quella del feto. Si possono fare camminate in montagna o gite in totale relax nel bel mezzo della natura. L’importante è non affaticarsi troppo e proteggere accuratamente la pelle dal sole tenendo coperta la pancia. I ginecologi consigliano di tenersi idratate bevendo molta acqua ed evitare di uscire nelle ore più calde. Per il resto camminare dolcemente immersi alla natura non può che far bene al corpo e allo spirito. Immergere i piedi nell’acqua fredda di fiumi e torrenti potrebbe infine alleviare i gonfiori e regalare piacevole sollievo.
Da tener ben presente è anche il mezzo di trasporto con cui si raggiunge la montagna. Se ci si sposta in macchina è bene che le gestanti si vestano in maniera comoda. Se il viaggio si preannuncia piuttosto lungo è inoltre importante prevedere alcune tappe in modo da poter scendere dalla vettura e camminare per qualche minuto. Ciò aiuta a diminuire il rischio embolico.

Ci sono donne incinte alle quali i medici sconsigliano di andare in montagna. Si tratta di coloro che presentano patologie croniche che aumentano il rischio di preeclampsia. Devono rinunciare ai distesi prati verdi o alle piste innevate le donne in gravidanza che presentano:

  • l’ipertensione cronica;
  • malattie renali;
  • le malattie polmonari;
  • anemie importanti.

Per finire è VIETATO recarsi in montagna alle donne incinta che hanno ricevuto una diagnosi di iposviluppo fetale.

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