Infertilità di coppia e mancata gravidanza

Infertilità di coppia e mancata gravidanza

Una coppia viene considerata infertile quando, dopo un anno di rapporti regolari e non protetti, non è riuscita a concepire. In realtà, un’ampia percentuale di coppie riesce ad avere un figlio dopo due anni di tentativi, quindi l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ritiene sia più corretto parlare di infertilità dopo 24 mesi.

Circa il 15% delle coppie è infertile e per le cause più svariate; per molte di queste si può intervenire con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie mirate, così come con la prevenzione e l’informazione; per altre, invece, diventa necessario ricorrere alla PMA, cioè alla Procreazione Medicalmente Assistita.

Ben diverso, invece, il concetto di sterilità, che riguarda tutte quelle coppie che soffrono di una patologia ben precisa o che rimangono infertili anche dopo un percorso diagnostico e terapeutico esauriente e svolto con le giuste tempistiche. Quando si ha a che fare con una condizione di sterilità permanente, l’unica strada da percorrere è quella delle tecniche di PMA più sofisticate e invasive.

Cause e fattori di rischio dell’infertilità di coppia

Come accennato in precedenza, le cause che stanno alla base dell’infertilità di coppia possono essere diverse e di varia natura. Le più diffuse sono:

  • tubariche/pelviche: le tube di Falloppio si rivelano ostruite o chiuse, oppure ci sono delle aderenze pelviche;
    endometriosi: si tratta di una malattia spesso invalidante per le donne colpite, tanto da ridurne le possibilità di concepimento;
  • ovulatorie/ormonali: ovulazione e cicli mestruali irregolari, sindrome dell’ovaio policistico, riserva ovarica ridotta o assente;
  • maschili: la quantità di spermatozoi prodotti non è sufficiente a fecondare l’ovulo, oppure non possiedono caratteristiche o movimenti adatti alla fecondazione o, ancora, l’organismo produce anticorpi che attaccano gli spermatozoi impedendone il corretto funzionamento;
  • cervicali: il muco che riveste la cervice uterina non è favorevole al passaggio degli spermatozoi per via di una carenza di estrogeni, per la presenza di infezioni o di danni causati da interventi chirurgici precedenti;
  • uterine: l’utero presenta malformazioni congenite, miomi o aderenze all’interno della cavità uterina, oppure fattori infiammatori relativi all’endometrio;
  • sconosciute: quando gli accertamenti non sono in grado di rilevare cause specifiche si parla di cause sconosciute o di infertilità idiopatica.

Stabilire in che modo i singoli fattori finora elencati influiscano sull’infertilità di coppia è abbastanza complicato ma, stando ai dati forniti dal Registro Nazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita, si evidenziano le seguenti percentuali:

  • infertilità maschile: 35,4%;
  • infertilità femminile: 35,5%;
  • infertilità maschile e femminile: 15%;
  • infertilità idiopatica: 13,2%;
  • altro: 1%.

Da non sottovalutare, poi, l’influenza di fattori psico-sociali come lo stile di vita, il desiderio di genitorialità a un’età sempre più avanzata, uso di droghe, abuso di alcool, fumo, condizioni lavorative, stress, inquinamento.

Infertilità femminile

Con infertilità femminile si indica quella condizione che ostacola la donna nell’ottenere una gravidanza. Quando nasce, quest’ultima possiede una riserva ovarica di circa 400mila ovociti che, con il passare del tempo, tende a ridursi per poi azzerarsi con l’arrivo della menopausa.

Una donna è considerata infertile dopo 12 mesi di rapporti liberi e non protetti (6 mesi, invece, se ha superato i 35 anni di età o è soggetta ad altri fattori di rischio) durante i quali non è riuscita a concepire.

Anche in questo caso, è doveroso distinguere l’infertilità dalla sterilità che, invece, indica l’impossibilità assoluta e permanente di concepire per via di una causa che non ha alcun rimedio. I due termini vengono spesso sovrapposti e utilizzati come sinonimi, ma è del tutto errato e, soprattutto, fuorviante.

Cause dell’infertilità femminile

Secondo le statistiche, le donne italiane fanno figli più tardi rispetto alle altre donne europee; si sposano intorno ai 28 anni, partoriscono per la prima volta verso i 30 e mettono al mondo meno figli delle coetanee in Europa.

Perché tutto questo? Le motivazioni sono abbastanza comprensibili: si cerca di raggiungere una certa sicurezza economica, oltre che un’efficace organizzazione familiare per la gestione dei figli, il che richiede tempo. Inoltre, i cambiamenti socio-culturali degli ultimi anni hanno dato maggiore spazio alle donne nel mondo del lavoro: possono aspirare a posizioni importanti e di potere, il che le spinge volentieri a mettere al primo posto la propria carriera e a far passare in secondo piano la maternità.

Quando la situazione sembra finalmente favorevole alla creazione di una famiglia, però, per le donne potrebbe essere troppo tardi: il periodo più fertile è quello compreso tra i 20 e i 25 anni, resta abbastanza alto fino ai 35, subisce un drastico calo dai 35 ai 40 e diventa bassissimo dopo i 40.

Invecchiamento degli ovociti

Più l’età avanza e più i gameti femminili invecchiano, aumentando le probabilità di incorrere in malattie infiammatorie pelviche, patologie tubariche, endometriosi e sviluppo di fibromi uterini.

L’invecchiamento degli ovociti è tra le principali cause di infertilità (e anche di sterilità) femminile: nelle donne meno giovani presentano spesso anomalie genetiche cromosomiche e, se fecondati, possono dar vita a embrioni malformati o ad aborti spontanei. Questo avviene perché la selezione naturale elimina la maggior parte degli embrioni con malformazioni, motivo per cui il tasso di abortività è molto più alto nelle donne avanti con l’età:

  • 10% per le donne con meno di 30 anni;
  • 18% per le donne con età compresa tra i 30 e i 39 anni;
  • 34% per le donne intorno ai 40 anni.

I fattori che rendono una donna infertile, quindi, sono di carattere sia quantitativo (possiede meno ovociti), sia qualitativo (gli ovociti presentano anomalie).

Età dell’utero

Meno importante, invece, è l’età dell’utero che, rispetto a quella degli ovociti, dovrebbe influire meno sulla capacità di concepimento di una donna. In ogni caso, alcuni dati statistici evidenziano una correlazione tra età dell’utero e aumento degli aborti spontanei, difficoltà nel travaglio, patologie uterine e lesioni sclerotiche che, nonostante non abbiano un’incidenza diretta sulla fertilità, potrebbero compromettere il buon andamento del parto con distacco della placenta e ricorso al cesareo.

Oltre l’età, sono molti altri i fattori che influiscono sulle possibilità di una donna di poter diventare madre; la differenza sostanziale sta nel fatto che, mentre di fronte a una scarsità (o addirittura un’assenza) di ovociti è possibile fare ben poco, quando le cause dell’infertilità sono altre si può ricorrere a terapie mediche ben precise.

Trattamenti

Il trattamento dell’infertilità femminile dipende, quindi, dalle cause che la comportano; per questo motivo, è molto importante ottenere una diagnosi precisa, accurata e completa, che consenta al medico di capire quale sia la strada migliore da intraprendere. Sicuramente, le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) aumentano di gran lunga le probabilità di concepimento ma, prima di arrivare a questo, è possibile prendere in considerazione altre terapie che puntino alla risoluzione di eventuali patologie e/o problematiche.

Infertilità maschile

L’infertilità maschile interessa il 7% degli uomini, molti dei quali giovanissimi, e rientra tra le cause principali dell’infertilità di coppia; a oggi, infatti, 1 caso di mancato concepimento su 2 è da ricollegare proprio a problemi riproduttivi maschili.

Le cause possono essere diverse e spaziano dalla scarsa produzione di spermatozoi alla loro natura alterata ma, anche in questo caso, è doveroso fare una distinzione tra infertilità e sterilità maschili, dato che quest’ultima si accerta in caso di:

  • assenza totale di spermatozoi (azoospermia);
  • scarsità di spermatozoi (cripto-azoospermia);
  • mancata eiaculazione (aspermia);
  • morte degli spermatozoi (necrozoospermia).

In ogni caso, l’assenza di spermatozoi nel liquido seminale o la mancata eiaculazione non impediscono di individuare spermatozoi vitali e utili al concepimento.

Cause dell’infertilità maschile

Sull’infertilità maschile, molto più che su quella femminile, influiscono negativamente non solo (ovviamente) le condizioni patologiche, ma anche e soprattutto lo stile di vita e numerosi fattori sociali.

Su questo tema è molto difficile giungere a conclusioni certe e universali, dato che gli aspetti da tenere in considerazione sono davvero tanti, dalla conta degli spermatozoi alla loro morfologia passando, poi, dalla loro motilità. Tra l’altro, neanche la conta degli spermatozoi può essere ritenuta un indice di fertilità, perché non esiste una reale correlazione tra numero di spermatozoi e capacità di concepimento (a meno che, ovviamente, non ci siano situazioni di oligozoospermia o azoospermia).

Altri fattori di rischio, invece, sono:

  • condizioni lavorative che espongono a radiazioni, microtraumi o sostanze tossiche;
  • fumo di sigaretta;
  • inquinamento urbano;
  • stile di vita errato;
  • stress.

Poi ci sono le cause prettamente mediche, che riguardano tutte le patologie che interessano la struttura e il funzionamento dei testicoli o del pene, come:

  • criptorchidismo;
  • ipospadia;
  • varicocele;
  • tumore del pene.

Esattamente come le donne, anche gli uomini possono raccogliere e crioconservare i loro spermatozoi prima di sottoporsi a trattamenti chemioterapici o radioterapici e interventi chirurgici.

Trattamenti

A differenza delle donne, nel 30% degli uomini con infertilità non è possibile individuare una causa certa e, di conseguenza, adottare una terapia specifica. Si può intervenire in presenza di infezioni a carico dell’apparato riproduttivo con antibiotici e antinfiammatori, di alterazioni ormonali e di varicocele ma, nella maggior parte dei casi, l’unico modo per poter giungere al concepimento è affidarsi alle tecniche di PMA.

Altri articoli