Impianto embrionale

Impianto embrionale: tutto quello che c’è da sapere passo dopo passo

L’impianto dell’embrione è il processo grazie al quale l’embrione, di circa 5/6 giorni di vita dalla fecondazione dell’ovulo, aderisce all’endometrio e vi entra per iniziare la gestazione.

Cosa deve sapere la coppia prima di un percorso PMA ?

La coppia che decide di ricorrere alla PMA deve essere a conoscenza di ogni passaggio del percorso e sottoporsi ad alcune analisi. Nello specifico solitamente si organizza una prima visita con il ginecologo specializzato in procreazione medicalmente assistita, durante la quale la coppia si sottopone a un colloquio conoscitivo.

Prima d’intraprendere qualsiasi discorso, lo specialista effettua un’ecografia transvaginale e un’approfondita analisi anamnestica. Può accadere che il medico richieda esami aggiuntivi, come quelli ematochimici e strumentali. Qualora di fosse in possesso di esami precedenti è bene sottoporli alla visione del ginecologo, in modo da aggiungere quante più informazioni possibili al quadro clinico.

È molto importante comunicare se la coppia si è già sottoposta in passato a trattamenti di PMA. Il medico prosegue la visita esponendo alla coppia tutto quanto c’è da sapere per iniziare il percorso PMA al meglio. Verranno spiegate le procedure da sostenere, le percentuali di successo, i rischi che si corrono e altri dettagli in base ai singoli casi.

Quanto dura e quali sono le fasi dell’impianto dell’embrione?

Il processo di impianto embrionale dura tra i 4 e i 5 giorni. Precisamente si considera tutto il periodo dall’inizio fino al momento in cui l’embrione penetra completamente l’endometrio per cominciare ad aderirvi. A questo punto il processo si sviluppa in 3 fasi e tempistiche.

  • Schiusa
  • Apposizione
  • Invasione e Adesione

La “schiusa” avviene nei giorni 5 e 6, quando l’embrione si libera di uno strato esterno che lo protegge per uscire e avvicinarsi all’endometrio.

L’“apposizione” si colloca il giorno 7 e coincide con il posizionamento dell’embrione sul tessuto endometriale. In questa fase intervengono i pinopodi, marker morfologici, che aiutano la massa cellulare interna ad orientarsi verso l’endometrio. In questo modo viene consentita la formazione della placenta.
Infine si parla di “invasione e adesione” nel momento in cui l’embrione ha trovato una posizione naturale. Le cellule epiteliali fanno spazio e lo stroma endometriale viene invaso dall’embrione che puo finalmente venire a contatto con il sangue materno.

Invasione e adesione

Quando l’embrione ha trovato la sua posizione naturale, sposta le cellule epiteliali e invade lo stroma endometriale, entrando in contatto con il sangue materno.

Sintomi di impianto dell’embrione

Dopo aver completato il transfer embrionale è un momento molto delicato per la coppia che ha deciso di sottoporti ad un processo di PMA. È normale avere un po’ d’ansia per l’esito e bisogna crare un ambiente sereno nell’attesa delle due settimane per poter effettuare il primo test di gravidanza.
Sono giorni molto emotivi per la coppia e in particolare per la donna, che sarà inevitabilmente attenta ad ascoltare ogni segnale che le manda il corpo. Ogni sensazione potrebbe essere sintomo di qualcosa ed è questo pensiero che mette la donna in uno stato di agitazione. La verità è che non esiste una sintomatologia precisa da tenere in conto, e diverse sensazioni potrebbero non avere un significato preciso.

I sintomi più comuni

  • Piccole perdite e lievi sanguinamenti possono essere normali nei primissimi giorni dopo il trasferimento embrionale. Potrebbero dipendere dalla canalizzazione attraverso il collo dell’utero
  • Disturbi di vertigini, fitte, oppure dolori addominali e lombari, ma anche coliche possono essere normali in questa fase. Potrebbero essere effetto della stimolazione ovarica, particolarmente nel caso di una fecondazione in vitro con ovociti propri. Un’altra causa di questi disturbi potrebbe essere il ricorso all’iniezione follicolare. Fermo restando, che la stessa ansia e agitazione potrebbe essere la responsabili di tali sintomi.
  • L’indurimento del seno o il gonfiore è abbastanza regolare come sintomo in seguito alla somministrazione degli ormoni per il trasnferimento embrionale. Spesso si tratta di estrogeni e progesterone.

Dopo quanti giorni dal transfer si impianta l’embrione

La fecondazione ha inizio con il prelievo degli ovuli materni e degli spermatozoi paterni, la loro unione in laboratorio e l’impianto dell’embrione dopo 5/6 giorni di vita dalla fecondazione. Le tempistiche cambiano in base allo specialista che segue il trattamento e possono dipendere anche dal numero di embrioni che si vogliono impiantare.

Solitamente si predilige l’impianto di un embrione alla volta per poter conservare meglio gli altri in visione di situazioni future. C’è anche chi preferisce procedere con l’impianto di più embrioni per volta. Dipende realmente anche in base al quadro clinico del paziente e a una serie di riflessioni che il ginecologo condividerà con la coppia. Dopo l’impianto, non c’è che aspettare e mettersi a riposo per aiutare l’embrione nella fase di annidamento.

Il calo da impianto cos’è e che significa

Un calo di impianto è un calo della temperatura di un giorno che si evidenzia sul grafico della temperatura corporea basale. Ciò avviene solitamente quando la donna è incinta, ma non è un segno certo e affidabile di gravidanza. Per questo motivo è sempre opportuno fare un test di gravidanza.

In genere il calo da impianto corrisponde ad una diminuzione della temperatura di 0.2-0-5°C per 1 o 2 giorni.

Cosa fare per favorire l’impianto dell’embrione

Da non temere il relax! Spesso c’è una strana convinzione per cui, dopo il trasferimento embrionale, le donne hanno paura che l’embrione possa “cadere” restando ferme per troppo tempo. Fortunatamente ciò non può accadere perché è tenuto fermo da forze opposte interne all’endometrio. Molti studi ed evidenze scientifiche rassicurano che non ci sono state differenze d’esito tra le donne che si sono fermate per 20 minuti dopo il transfer e quelle si sono rilassate per 24 ore.

È consigliata un’attività fisica moderata, laddove si intende passeggiate tranquille e viaggi con qualsiasi mezzo di trasporto. Sconsigliatissimi chiaramente i lavori pesanti e sforzi fisici intensi.

Occhio alla salute. È sempre positivo per l’organismo essere ben idratato, quindi sì al bere molta acqua con riduzione del consumo del sale e una rinnovata attenzione al mangiare in modo salutare.

Infine essere positivi e rilassati. Ricreare un’atmosfera serena e positiva, senza sbalzi d’umore fa bene allo stato psicofisico della donna e quindi rilassa l’organismo e non gli impedisce di svolgere il suo lavoro.

Cosa mangiare per favorire impianto

In base alla fase del processo di PMA è consigliabile adattare l’alimentazione. In linea di massima però ci sono delle abitudini alimentari valide in tutto il percorso. Si consiglia di mangiare cibi biologici, se possibile, e aumentare la quantità di crucifere.

Ottimo l’aumento delle fibre, sia cereali integrali che verdure, nella dieta alimentare e va bene anche l’inserimento di qualche spuntino proteico. I grassi buoni, come avocado o frutta secca, sono i benvenuti, ma non quelli “cattivi”, i carboidrati raffinati e i grassi saturi. Bisogna fare attenzione anche alle quantità di latticini e ai dolcificanti.

Cosa può impedire l’impianto dell’embrione

Al bando le attività stancanti. È molto importante evitare attività faticosa e prolungate, fare sport pesanti e sollegare pesi. Lo sforzo può causare contrazioni uterine che è meglio evitare.

Sottoporsi a temperature estreme in acque molto calde (come spa, bagni turchi, esposizione al sole) oppure a pratiche immersive, può portare ad un aumento interno della temperatura e quindi a danneggiare l’embrione.

Si consiglia di evitare uso di fumo, alcol, caffeina e droghe. Sono tutte sostanza nocive per l’embrione. Quindi se il caffe si può prendere decaffeinato per il fumo la questione è più complessa. Gli studi dimostrano che infatti porta alla restrizione dei vasi sanguigni, compresi quelli dell’utero.
Infine è buona abitudine ridurre al minimo anche l’uso dei farmaci, se non quelli somministrati dal ginecologo specialista durante il trattamento.

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