Algie pelviche: come riconoscerle e trattarle

Algie pelviche: come riconoscerle e trattarle

Nel corso della propria vita, le donne possono avere a che fare con algie pelviche, dolori che derivano dagli organi pelvici, cioè utero, ovaie, tube di Falloppio, vescica, retto e intestino. Questi dolori possono manifestarsi improvvisamente e durare anche per diversi mesi; ecco perché è importante parlarne immediatamente con il medico e trovare la causa scatenante per intervenire tempestivamente.

Quali sono le algie pelviche?

Solitamente, la comparsa di algie pelviche è il campanello di allarme di una patologia in corso a carico di uno degli organi riproduttivi femminili e, in alcuni casi, possono indicare un’infezione o essere causate da malattie delle ossa pelviche o da organi non riproduttivi.

Di conseguenza, le algie pelviche possono manifestarsi a seguito di:

Appendicite

Con appendicite si indica uno stato infiammatorio a carico di un diverticolo, chiamato appendice vermiforme, dell’intestino crasso. Si manifesta attraverso algie pelviche abbastanza intense che coinvolgono la fossa iliaca e la gamba destre.

Il dolore si acutizza a seguito della manovra di Blumberg, che consiste nel comprimere delicatamente la zona addominale dolente con le dita, per poi rilasciare improvvisamente la mano. In presenza di appendicite e, in particolare, di peritonite, il rilascio repentino della mano causa un dolore insopportabile.

Quando l’appendice è infiammata, il dolore costringe il paziente ad assumere inevitabilmente la posizione fetale; l’unico modo per porre rimedio è ricorrere alla chirurgia e rimuovere il diverticolo vermiforme.

Infezioni del tratto urinario

Le infezioni del tratto urinario sono tra i disturbi più frequenti, soprattutto dalle donne. L’agente patogeno che le scatena è quasi sempre l’Escherichia Coli che, nonostante si trovi normalmente nell’intestino, riesce a colonizzare parte del tessuto del sistema urinario.

I sintomi correlati alle UTI (infezioni del tratto urinario) comprendono sia algie pelviche, sia:

  • dolore durante la minzione;
  • nicturia;
  • aumento della frequenza minzionale;
  • incompleto svuotamento della vescica;
  • febbre.

Il trattamento delle infezioni urinarie è di tipo antibiotico e, nel corso dell’assunzione, è sempre consigliato associare probiotici per favorire il benessere della flora intestinale.

Calcoli o infezioni renali

La calcolosi renale, oltre che con algie pelviche, si manifesta soprattutto con dolore intenso nella sede lombare e sul fianco corrispondente alla posizione del calcolo. Il dolore pelvico è talmente intenso da poter essere paragonato a quello del parto e, spesso, provoca anche il vomito.

La terapia, in questo caso, mira innanzitutto al contenimento del dolore e alla riduzione della grandezza del calcolo, così da favorirne l’espulsione naturale. Se ciò non avviene è necessario procedere per via chirurgica.

Neuropatia

Le algie pelviche possono essere causate anche dalla neuropatia del pudendo, che localizza il dolore al perineo e alle zone innervate dal nervo pudendo. Le algie, in questo caso, si manifestano con:

  • bruciore;
  • sensazione di punture di spilli;
  • formicolio;
  • sensibilità alterata;
  • scariche elettriche.

Il dolore diventa insopportabile quando si assume una posizione seduta e, nelle donne, può coinvolgere la vulva, il clitoride e l’ano.

La terapia, spesso e volentieri, richiede la collaborazione di più professionisti: da una parte vengono somministrati dei farmaci indicati, dall’altra può essere necessario rivolgersi a un fisioterapista specializzato in riabilitazione del pavimento pelvico.

Disturbi pelvici

I disturbi pelvici comprendono tutta una serie di patologie a carico delle pelvi, quindi tutta la zona compresa tra le ossa che compongono il bacino, e includono la malattia infiammatoria pelvica, il prolasso degli organi pelvici e la disfunzione del pavimento pelvico.

I disturbi pelvici possono avere più cause diverse tra loro, a seconda del tipo di malattia o di “trauma” subìto; i principali sono:

  • parto;
  • isterectomia;
  • obesità;
  • invecchiamento.

I sintomi tipici dei disturbi pelvici prevedono sicuramente algie pelviche localizzate nella parte inferiore dell’addome e, spesso, sono accompagnati da:

  • febbre;
  • minzione frequente e dolorosa;
  • sensazione di pesantezza.

Il trattamento prevede di solito una terapia antibiotica in caso di malattia infiammatoria pelvica, mentre è consigliata la terapia fisica in presenza di disfunzione del pavimento pelvico. La chirurgia, invece, è l’unica soluzione in caso di prolasso degli organi pelvici.

Dolore psicogeno

Le algie pelviche possono scatenarsi anche a causa di disturbi psicogeni; per dolore psicogeno di intende un fastidio da attribuire a fattori di natura psicologica e rientrano in questa categoria (oltre le algie pelviche):

  • mal di testa;
  • dolore lombare;
  • mal di pancia.

La terapia prevede la somministrazione di antidepressivi e sedute di psicoterapia.

Malattia infiammatoria pelvica

Le malattie infiammatorie pelviche sono tendenzialmente conseguenze di infezioni trasmesse sessualmente ma, in alcuni casi, possono scatenarsi dopo il parto o per via dell’uso della spirale contraccettiva.

Se non trattata adeguatamente, una malattia infiammatoria pelvica può danneggiare in modo irreversibile gli organi riproduttivi femminili (utero, ovaie e tube di Falloppio) causando, quindi, infertilità.

I sintomi attraverso i quali è possibile riconoscerla sono, oltre le algie pelviche:

  • dolori addominali;
  • febbre;
  • perdite vaginali;
  • dolore durante i rapporti sessuali;
  • dolore durante la minzione.

L’unico modo per prevenirla è l’utilizzo del preservativo durante i rapporti occasionali, mentre il trattamento migliore prevede la somministrazione di antibiotici e l’astensione dal sesso fino a completa guarigione.

Cisti ovariche

Le cisti ovariche sono delle sacche che si formano quando un follicolo non si apre o perché, dopo essersi aperto per rilasciare l’ovulo, si richiude immediatamente riempiendosi di liquido. Si tratta, solitamente, di formazioni benigne che non devono causare alcuna preoccupazione; bisogna allarmarsi, invece, quando si formano dopo la menopausa.

Le cisti ovariche sono quasi sempre asintomatiche, quindi è possibile individuarle solo in occasione di un’ecografia transvaginale. In alcuni casi, invece, possono rompersi o torcersi, causando algie pelviche talmente intense da costringere la paziente a recarsi in Pronto Soccorso e a essere sottoposta a un intervento chirurgico.

Nei casi meno gravi è possibile trattare le cisti ovariche funzionali tramite terapie ormonale (pillola anticoncezionale), effettuando controlli periodici per monitorare la situazione.

Dolori mestruali

Tra le cause più comuni di algie pelviche rientrano indubbiamente le mestruazioni; il dolore mestruale è definito dismenorrea e si caratterizza per fitte intense nella zona pelvica che, di solito, si manifestano qualche giorno prima della comparsa del flusso. Possono essere accompagnate da mal di testa, nausea e senso di vomito.

Per alleviare il dolore è possibile assumere l’ibuprofene, un farmaco antinfiammatorio non steroideo da accompagnare con un buon protettore gastrico.

Gravidanza extrauterina

La gravidanza extrauterina è causata dall’impianto di un embrione al di fuori dell’utero, di solito nelle tube di Falloppio. La sintomatologia, che tende a comparire tra la 4a e la 12esima settimana, comprende:

  • algie pelviche;
  • sanguinamento vaginale;
  • dolore durante la minzione o la defecazione;
  • dolore alla spalla nella zona clavicolare;
  • vomito.

La diagnosi avviene tramite esame pelvico e radiologico dell’utero e delle tube di Falloppio. Purtroppo, l’unico rimedio possibile in questi casi è l’aborto farmacologico.

Endometriosi

L’endometriosi è una patologia estremamente dolorosa, causata dallo sviluppo extrauterino della mucosa che, di solito, riveste l’utero. Colpisce maggiormente le ovaie, il tessuto pelvico e le tube di Falloppio e si manifesta, oltre che con algie pelviche molto intense, con:

  • dolore durante o successivo ad un rapporto sessuale;
  • dolore durante la minzione;
  • eccessivo sanguinamento durante le mestruazioni.

Ottenere una diagnosi di endometriosi non è sempre semplice; spesso le donne lo scoprono perché, non riuscendo a raggiungere una gravidanza, si sottopongono a numerosi esami. Questa patologia, infatti, è tra le principali cause di infertilità, perché può causare il restringimento delle tube e, di conseguenza, impedire all’uovo di essere fecondato dallo spermatozoo.

Nonostante ciò, molte donne affette da endometriosi sono comunque in grado di concepire, anzi: i medici spingono le pazienti in questione a non rimandare una gravidanza, se si ha l’occasione, perché con il passare del tempo la malattia tende solo a peggiorare.

Il trattamento più impiegato per l’endometriosi prevede la somministrazione di progesterone o di un estroprogestinico, cioè l’associazione di due ormoni (un estrogeno e un progestinico) in grado di alleviare il dolore.

Tumore degli organi riproduttivi

Quando un tumore si sviluppa nelle ovaie, nell’utero o nella cervice uterina non si manifesta mai con il dolore, anzi; quest’ultimo insorge solo quando il carcinoma è ormai a uno stadio avanzato. Il primo quadro sintomatologico, infatti, è spesso confuso e non facilmente decifrabile, mentre con il tempo compaiono:

  • sanguinamento vaginale;
  • ematuria microscopica (presenza di sangue nelle urine non visibile a occhio nudo);
  • dolore durante la minzione;
  • calo ponderale inspiegabile;
  • stanchezza;
  • algie pelviche.

Quando compaiono algie pelviche, dolore alle gambe e fastidio alla schiena, normalmente il tumore è già a uno stadio avanzato (probabilmente è in corso la metastatizzazione dello stesso).

Il trattamento dipende, ovviamente, dallo stadio: un tumore diagnosticato allo stadio iniziale può essere trattato con l’intervento chirurgico, mentre un tumore diagnosticato a uno stadio più avanzato richiede anche un approccio farmacologico e radioterapico.

Algie pelviche e fertilità: sono collegate?

Come spiegato precedentemente, le algie pelviche possono colpire qualsiasi donna in qualunque momento della sua vita e per le cause più svariate. Se il dolore non è persistente e, dopo qualche giorno, tende a scomparire da solo non è necessario allarmarsi; se, però, le algie diventano croniche e si protraggono per oltre 3-6 mesi, allora è il caso di fare dei controlli e ottenere una diagnosi più accurata. Questo per due motivi principali:

  • le algie pelviche croniche influiscono sulla qualità di vita di una donna, peggiorandola; il dolore diventa invalidante, soprattutto durante il ciclo mestruale e/o i rapporti sessuali e, spesso, non consente di svolgere le attività quotidiane più semplici;
  • la vera causa del dolore, alla lunga, può comportare serie conseguenze fisiche, tra cui l’infertilità, quindi è doveroso intervenire per tempo.

Come già visto, le cause che determinano la comparsa di algie pelviche possono essere davvero tante, ma solo alcune possono influenzare la capacità di una donna di rimanere incinta. Tra queste rientrano:

  • endometriosi, tra le cause più frequenti di algie pelviche, oltre che di infertilità femminile;
  • aderenze pelviche, cioè la formazione di tessuto fibroso tra gli organi pelvici che, solitamente, deriva dall’eccessiva crescita di una cicatrice. Oltre al dolore, le aderenze che si formano sulle ovaie, sulle tube di Falloppio e/o sull’utero possono determinare infertilità;
  • fibromi uterini, solitamente di natura benigna, ma con una forte influenza sulla capacità riproduttiva, soprattutto quando sono posizionati all’interno della cavità uterina (possono causare aborto spontaneo);
  • malattia infiammatoria pelvica, che deriva solitamente da un’infezione a trasmissione sessuale come la clamidia o la gonorrea.

Quando il dolore altera la qualità della vita o quando si cerca una gravidanza che, però, non arriva, allora è sempre il caso di rivolgersi al proprio ginecologo per indagare più a fondo. Ovviamente, prima di parlare di infertilità di coppia è necessario che la ricerca della gravidanza avvenga costantemente, cioè 2-3 volte a settimana per almeno 12-18 mesi consecutivi; se, dopo tutto questo, la gravidanza non arriva, allora ha assolutamente senso iniziare tutto l’iter di accertamenti e, in caso, intraprendere un percorso di PMA (procreazione medicalmente assistita).

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